A tutti sarà capitato di accorgersi di quanto un odore possa riportare alla mente ricordi lontani o suscitare emozioni improvvise. Ma cosa succede, in concreto, quando riconosciamo un profumo? E ci sono davvero differenze tra uomini e donne nella capacità di percepirli? A queste domande ha cercato di rispondere uno studio pubblicato su Nature Communications da un gruppo di ricercatori della Leipzig University e del Centro di ricerca EURAC di Bolzano.
Gli scienziati hanno analizzato i dati raccolti nel corso di quattro ampi progetti di ricerca europei, confrontando da una parte i dati genomici e dall’altra le risposte olfattive di un campione di oltre 21.000 persone. Come si misura la capacità di percepire un odore? Esiste un test standardizzato, il cosiddetto Sniffin’ Sticks, che è molto semplice da eseguire. Si tratta di speciali penne che rilasciano 12 odori comuni - dal caffè alla cannella, dal limone al pesce. Parallelamente, si è portata avanti l’analisi di oltre 8000 varianti genetiche presenti nei genomi delle persone che hanno preso parte allo studio. Ma dove si trovano davvero le risposte a queste differenze? La chiave è scritta nella nostra genetica! I ricercatori hanno scoperto dieci regioni del DNA (loci) coinvolte nella capacità di riconoscere cinque odori specifici. Di queste, sette sono completamente nuove e non erano mai state collegate prima all’olfatto. Inoltre, molte di queste regioni si trovano vicino ai geni dei recettori olfattivi, delle vere e proprie “antenne” nasali.
Un altro aspetto rilevante di questa ricerca è dato dal fatto che due di queste varianti genetiche agiscono solo nelle donne, mentre una è diversa tra i generi, risultando più incisiva negli uomini. E c’è di più: alcuni di questi geni hanno elementi che rispondono agli ormoni sessuali.
Per indagare meglio la genetica olfattiva, gli scienziati hanno applicato una tecnica statistica chiamata randomizzazione mendeliana per capire se esistano rapporti di causa ed effetto tra ormoni sessuali, riconoscimento degli odori e malattie neurodegenerative. Il risultato? Gli ormoni non sembrano condizionare il riconoscimento degli odori, ma emerge un legame importante con la malattia di Alzheimer. Chi ha un rischio genetico più alto per questa malattia, ha, mediamente, più difficoltà ad identificare gli odori. Non esiste però un rapporto di causa-effetto: piuttosto la difficoltà a percepire gli odori e l’insorgenza della malattia neurodegenerativa sono due facce della stessa medaglia, probabilmente legata al malfunzionamento delle centrali energetiche delle nostre cellule.
Perché tutto questo è importante? Perché un deterioramento dell’olfatto, spesso sottovalutato, può anticipare patologie neurodegenerative gravi come Parkinson o Alzheimer. Comprendere quali geni ci permettono di riconoscere certi odori ci può aiutare ad identificare segnali precoci, utili per intervenire quando la malattia è ancora agli inizi.
Questo studio, tuttavia, presenta alcuni limiti. Innanzitutto, il campione (dodici odori) esplora solo un pezzetto dell’enorme panorama olfattivo umano (stimato in oltre 1000 miliardi di stimoli distinguibili). In secondo luogo, i partecipanti erano tutti europei: la cultura o l’ambiente potrebbero modificare la percezione degli odori. In ogni caso, anche se questi risultati andrebbero implementati ampliando la provenienza delle persone coinvolte e la tipologia di segnali odorosi, resta il fatto che l’identificazione di varianti genetiche legate alla sensibilità olfattiva — e, soprattutto, alle differenze di genere— rappresenta senz’altro un passo avanti notevole.
In conclusione, ciò che percepiamo col naso non è legato solo alla nostra esperienza personale, ai nostri ricordi e non è solo una questione di memoria: è scritto nel nostro patrimonio genetico. L’olfatto, un senso a volte trascurato rispetto alla vista e all’udito, è un territorio tanto complesso quanto affascinante da studiare, dove biologia e salute si intrecciano. L’auspicio degli scienziati che lavorano in questo campo è quello di comprendere i meccanismi molecolari che sottendono le nostre capacità olfattive anche al fine di guidare diagnosi precoci e interventi mirati. Insomma, un altro modo per capire noi stessi, più a fondo.